Il processo di Coaching “deve sempre” essere uguale per tutti i Coachee?
Tra Ipnosi e FeedBack: considerazioni in autoriflessione
Ciao a tutti voi lettori! Ecco che ci ritroviamo dopo un po’ di mia assenza.
Se non ti ricordi di me, mi occupo di coaching e come tanti colleghi faccio parte di un gruppo che una volta al mese s’incontra per confrontarsi, scambiarsi idee o dubbi , e fare pratica. Viene chiamata Comunità di Pratica di Coaching.
Nell’ultimo incontro, dopo i saluti e le piacevoli “chiacchiere”, abbiamo iniziato la pratica di coaching; uno di noi ha portato un caso e ha scelto il coach che voleva per la sua sessione e sono stata scelta come coach. Era un caso personale e non facile da approfondire; in presenza di altri, anche se in un luogo protetto, eravamo comunque tanti.
Quando si è iniziata la sessione di coaching, ne ho compreso la profondità, ho accolto e ascoltato la sua richiesta. Siamo arrivati a parlare tra noi come se gli altri non esistessero più, anche se on-line a telecamere e microfoni spenti, sentivi all’inizio la loro presenza.
Ho ascoltato attraverso il silenzio, ho posto differenti domande ed ho verificato di aver compreso concetti e parole.
Dopo tutto ciò che è emerso, ho deciso di prendere del tempo e parlare per circa tre minuti per far sentire il mio coachee compreso e al sicuro, rimanendo sempre all’interno dell’argomento portato.
Siamo via via arrivati ad una fiducia incondizionata, tanto che il coachee ha esacerbato il vero motivo della richiesta; quando si entra in connessione e siamo autentici, il vero arriva in superficie. In quel momento i suoi occhi sono diventati lucidi; con uno sguardo veloce alle telecamere spente e alla stanza in cui si trovava ho deciso che non era il luogo ed il momento di proseguire … nel frattempo, mi arrivava il messaggio in chat dei colleghi che “ mancano 10 minuti”.
Sapevo che occorreva più tempo, ed in cuor mio sapevo che il mio coachee poteva portarsi a casa una nuova visione.
In quel momento ho chiesto se volesse uscire dalla pratica di coaching per qualcosa di differente, chiudere gli occhi e ascoltare la mia voce, cosa che ha gradito mentre via via lo introducevo ad una tecnica di relax ipnotico creativo.
Durante l’esecuzione cambia colore, sorride, scopre una nuova parte di sé; e al… “quando vuoi, conta fino a tre in te e puoi aprire gli occhi…” è rilassato, propositivo rispetto alla situazione che sta affrontando, avvicina continuamente il corpo verso la telecamera e si accarezza i capelli, il suo viso colorito.
A quel punto le chiedo, con una voce rallentata e calma, come si sente, risponde bene, con stupore negli occhi. Attendo un po’, capisco che avrebbe bisogno di altro tempo per sé e poi chiedo cosa si sia portato a casa dalla sessione… La sua risposta è: un primo passo, una nuova visione.
Vedendo che ha ancora bisogno di tempo per riprendersi, complice il tempo tiranno, termino la sessione e chiedo di riaccendere le telecamere. Chiediamo entrambi 10 minuti di pausa, prima di un feedback da parte dei colleghi.
Ed eccoci qua, pronti ad accogliere gli spunti per migliorarsi!
Il primo a parlare è il coachee. Racconta come si è sentito e cosa si porta a casa. In quel momento ho ascoltato con molto interesse ogni parola e sono stata felice per come si sentiva e per l’insight avuto.
La seconda ero io. Ho ringraziato e ho spiegato la decisione del mio interrompere la sessione senza un invito all’azione.
Ad uno ad uno, i presenti hanno commentato la sessione, chi in modo costruttivo ed utile e chi meno.
Tuttavia le restituzioni non sono quanto mi aspettavo di ricevere da colleghi. Ed ecco che dopo un’ora di “giudizi” – non di feedback -, per quanto prendessi appunti per comprendere quello che secondo loro non andava, le mie emozioni hanno preso il sopravvento: ebbene sì, lo hanno fatto! 😊
Sono intervenuta e ho chiesto quanti di loro avessero osservato come il coachee fosse bloccato dal contesto e se avessero notato i suoi occhi spalancati, lucidi, la sua voce tremante mentre si guardava intorno, i suoi respiri, la fronte corrugata mentre loro parlavano; il serrare le labbra prima di rispondere ad alcune domande, come al voler trattenere alcune informazioni…
Mentre parlavo è intervenuta una collega con tono fermo dicendomi “Dany basta, respira!”
Mi sono fermata, sinceramente in preda alle emozioni. Ho ricevuto e ho dato molti feedback, eppure è la prima volta che mi sono sentita come un bimbo al quale portano via il gelato. Share on X
Si, ti sembrerà esagerato, in quel momento mi sono sentita come se la mia professionalità, la mia sensibilità, il mio rispetto verso chi ho di fronte fosse stato negato. E per quanto abbia sempre appreso dai feed back, quelli ricevuti in questo contesto contenevano un livello di giudizio e insensibilità che mi ha colpito.
Questo mi fa comprendere come, anche se si è abituati ad un focus di crescita e prendere il meglio da tutto, dare in modo adeguato feed back costruttivi è molto importante. Share on X
Le frasi marchiate a caldo sulla mia pelle in quel momento sono state: “quella cosa che hai fatto … io non sarei stato d’accordo. A cosa ti porta …” (inerente alla sessione ipnotica), e poi “ha detto più volte una parola e tu non ci hai lavorato, perché non hai approfondito, e se fosse quello il bandolo della matassa?” Il coach sa “sempre” che ci sono parole che sono “il bandolo della matassa” e l’ultima “non hai concluso la sessione con una azione, non hai seguito il protocollo”.
Vediamo di capire insieme cos’è un feedback :
“il feedback è una risposta (un parere, una recensione) che in un certo qual modo influenzerà il passo successivo da compiere o da prevedere nel programma delle cose da fare, siano queste formali o informali” (Google)
“ I feedback sono un modo per mettere “al centro” gli utenti e consentirgli di esprimere liberamente la propria opinione in merito alla loro esperienza “(Google)
“Lo scopo del feedback non è criticare, bensì fornire spunti utili al perfezionamento della performance (preferirei non fosse posto l’accento sulla performance per essere più contributivi), dando una valutazione il più possibile oggettiva del lavoro svolto. Per questo motivo è necessario che sia bilanciato: deve individuare sia punti di forza sia punti di miglioramento” (Google)
Tre frasi semplici che ti fanno comprendere lo scopo di un feedback e come utilizzarlo.
E da ciò ho compreso che la mia decisione, ovvero una cosciente presa di posizioni motivata come avevo accennato, non era stata recepita e ricevevo quindi un feed back prestazionale: hai fatto, non hai fatto. il problema è che un feed back prestazionale non è una restituzione che ti focalizza sul miglioramento, ma sull’errore! Poco male, colgo anche in questo il bene dello stesso e chiedendomi al tempo stesso: ma un protocollo di sessione “deve essere” uguale per tutti?
Ho comunque lavorato su di me per poter capire come mai mi fossi lasciata ferire da frasi che, viste il giorno dopo, avevano perso di tono.
Quello che ho compreso è che dare un feedback costruttivo non è da tutti Share on X: il modo con cui puoi dire la stessa cosa in modo adeguato per predisporre il ricevente ad accogliere subito la restituzione come qualcosa di veramente utile, lo si può imparare.
Ed ora è il momento di salutarci e ti lascio un aforisma che ritengo molto appropriato per quello che ho scritto.
Alla prossima!
“Sia il coaching che il feedback richiedono fiducia e vulnerabilità reciproche tra chi dà e chi riceve: con empatia per il ricevente. Share on X E funzionano meglio quando lo studente o chi riceve il feedback ha una mentalità di crescita.” Winston Churchill”
Daniela Bosetti
Business e Team coaching – Formazione CNV vendita
Contributor FireFly Social Media Project
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