Quello della violenza sulle donne è un problema grave e non sempre visibile
Spesso mi sono chiesta come potere aiutare chi la violenza l’ha subita.
La risposta mi sembrava così lontana ed era invece così vicina a me: avendo studiato e sostenuto esami sulla psicologia sociale ed altre tecniche, ho compreso come sia importante dare supporto in queste situazioni.
In Italia abbiamo molte Accademie e posso garantire che frequentare un programma serio e con persone professionali, come quella che sto frequentando alla Re.AL Coaching, mi ha sensibilizzata e fornito strumenti da unire alla mia precedente preparazione per capire più profondamente nell’intimo le persone, anche per situazioni di aiuto.
Non dimentichiamo che le donne vittime di abuso riportano, nel breve e medio periodo, delle disabilità sia a livello cognitivo che fisico.
La violenza sulle donne è un problema reale, riguarda tutti. I dati sono sconcertanti: almeno 2 vittime a settimana, da bambine (la più piccola nel 2021 aveva 2 anni) a donne mature (la più anziana, 91 anni). Puoi leggere i dati sconcertanti sul sito Governativo QUI
Con il lockdown i casi di violenza domestica sono aumentati, con maggiore frequenza ed intensità. La convivenza si è resa necessaria, vuoi per il telelavoro, vuoi perché molti il posto di lavoro lo hanno perso: nelle più varie sfaccettature, il vivere assieme è stata una scelta obbligata.
Sono nati, in diversi Paesi Europei e non, protocolli per riconoscere le vittime di abuso. In Italia non esiste un vero e proprio protocollo e la situazione è davvero al limite. In Italia si sono simbolicamente dipinte le panchine di rosso a ricordo di chi su quella panchina non potrà più sedersi, rosse per il colore del sangue, altre associazioni indossano le scarpe rosse. Nella mia realtà locale, un’ associazione di soli uomini sfila con le scarpe rosse. Troppo poco.
Molte associazioni femministe si sono attivate per avere “qualcosa di più”. Restano a disposizione i numeri utili, 112 e 1522, attivi 24 ore su 24, tutti i giorni. Operatrici esperte e preparate sanno porre le giuste domande e dare un valido iniziale supporto psicologico.
Quello che mi sento di dire è che chi sa e resta in silenzio è complice: il primo dovere di ognuno è denunciare chi è vittima di abuso. Chi non trova la forza necessaria, chi sa e tace, è carnefice tanto quanto il reo.
La donna abusata teme il proprio carnefice o a volte, in qualche modo, si convince che le percosse ripetute siano una attestazione di amore nei suoi confronti: mio marito mi picchia perché mi ama, è geloso di me… Ecco cosa scatta spesso nella testa dell’abusata.
E quando le vittime sono bambine, non ci sono parole per descrivere tale meschinità.
Se vuoi ulteriori informazioni, compila il format di richiesta.
Luisa Nasso
International “Biocentric Psychoanalysist®
Contributor FireFly Media Social Project